Storia, attualità, estetica

Nell’incertezza “postcontemporanea” il cammino della storia sembra assomigliare a quello imprevedibile di una nuvola. Del resto il panestetismo dominante vuole trasformare anche l’attualità più sconvolgente in intrattenimento. Si fa sempre più urgente la ricerca di uno sguardo critico, nel ripensamento della grande tradizione culturale della modernità.

L’incontro si terrà in presenza martedì 12 aprile alle ore 17.00 presso l’Aula Magna Nunzio Sciavarello della sede di via Franchetti.


Lina Scalisi
Presidente Accademia di Belle Arti di Catania
e Giuseppe Frazzetto
Autore
dialogheranno su alcuni temi discussi nel volume
Nuvole sul grattacielo. Saggio sull’apocalisse estetica, Quodlibet, Macerata, 2022.

Introduce
Gianni Latino
Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Catania

Si potrà assistere all’incontro anche in digitale su Microsoft Teams.

«Nuvole sul grattacielo. Saggio sull’apocalisse estetica di Giuseppe Frazzetto è un libro tempestivo, in qualche modo necessario per uno sguardo nuovo e profondo sui fenomeni comunicativi ed espressivi del nostro tempo. Fuori dalla rotta di una saggistica-specchio che si limita alle manifestazioni più evidenti dei nostri fenomeni, o di una saggistica replicante, ferma alle teorizzazioni già note, il libro è una vasta e complessa teoria/analisi/“atlante” della nostra attuale (postcontemporanea) “apocalisse estetica”, dove la percezione della fine, del compimento, dunque l’attesa di un senso, si accompagna a un incessante rinvio, il tutto in un diluvio di immagini, ove l’attesa e il rinvio sono alimentati. 

Le nuvole del titolo, accelerate o rallentate, confuse o incise dallo strumento tecnologico, sono segni della loro realtà e, inscindibilmente, dello strumento che la rappresenta; sono evento e metafora di una “estetizzazione” tecnologica, del nostro mondo invaso dalle immagini indotte dalla tecnologia. Le immagini sugli schermi, quale un volto umano in primo piano, ricevute dal consumatore e/o da lui prodotte e/o elaborate (prosumer: consumatore-produttore), balenano talvolta scioccanti, ma poi implodono, visioni senza narrazione (senza prima né dopo) e spessore di senso. Dove l’antica “cerimonia del me/mondo”, ove l’uomo si rassicurava della sua posizione nell’universo (o tramite essa), si riduce a una precaria identificazione con immagini e parole effimere. 

Il libro è anche, come ha visto bene Monica Ferrando nella sua bella prefazione, un confronto dell’autore con il proprio vissuto e la propria memoria (dunque pure col proprio sapere, esteriorizzato negli innumerevoli riferimenti saggistici e persino negli echi del mondo antico: il mundus patet dei romani evocato attraverso Ernesto De Martino)». — Corrado Peligra